Fmi: il debito mondiale sale al 226% del Pil. I tassi bassi alimentano i rischi
Le politiche monetarie espansive hanno salvato la crescita, ma spingono gli investitori verso asset più rischiosi e meno liquidi. Continua inesorabile la crescita del debito, soprattutto nei Paesi emergenti.
di Gianluca Di Donfrancesco
Il debito mondiale ha raggiunto il 226,5% del Pil nel 2018 e continua la sua inesorabile crescita, a un soffio da 188mila miliardi di dollari, secondo le stime preliminari diffuse mercoledì 16 ottobre dall’Fmi, durante la conferenza stampa per la presentazione del Fiscal Monitor. L’Fmi mette poi in guardia contro gli effetti collaterali dei tassi ultra bassi: la difficile caccia ai rendimenti spinge gli investitori, compresi assicurazioni e fondi pensione, verso asset più rischiosi e meno liquidi. Anche per il settore non finanziario servono allora strumenti di vigilanza come quelli introdotti per la banche, avvisa il Fondo nel Global Financial Stability Report, diffuso anche questo mercoledì 16
Anche se il Fondo non prevede una recessione, Vitor Gaspar, direttore del dipartimento degli Affari fiscali del Fondo, ribadisce l’invito alle più grandi economie globali a prepararsi per agire in maniera coordinata in caso di grave crisi.
La corsa del debito
L’aumento del debito mondiale è marginale rispetto al 2017 (quando il debito mondiale era al 225% del Pil), ma il confronto con il 2007 è impressionante: 12 anni fa il debito era meno del 194% del Pil. Quello delle economie avanzate del G20 è passato dal 236% del Pil al 269%. A colpire è però soprattutto il debito dei mercati emergenti che fanno parte del club dei Venti Grandi (come India, Argentina, Brasile, Cina, Turchia), balzato dal 100 al 190% del Pil.
Anche questo è in parte l’effetto dell’era dei tassi ultra bassi e negativi e delle politiche monetarie iperaccomodanti, che da un lato hanno aiutato a contenere l’impatto della frenata globale e della guerra dei dazi: senza queste politiche, sostiene il Fondo, la crescita mondiale, rivista al ribasso al 3% per il 2019, sarebbe più inferiore dello 0,5% (e alcuni Paesi sarebbero in recessione). Dall’altro lato, le stesse politiche hanno alimentato la corsa al debito, spingendo gli investitori «a prendere rischi più alti» e creando vulnerabilità nel sistema finanziario, che possono diventare una minaccia per la crescita stessa, avvisa il Global Finacial Stability Report. (Continua)
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