L’oro torna bene rifugio e supera 1.300 dollari l’oncia
dopo aver rapidamente riassorbito lo shock da Brexit, il mercato dell’oro è tornato in fibrillazione, spingendo le quotazioni del lingotto di nuovo oltre 1.300 dollari l’oncia, ai massimi da un mese.
Stavolta sono gli Stati Uniti a innervosire gli investitori, che a pochi giorni dalle elezioni presidenziali si trovano a fare i conti con la possibilità - finora sottovalutata - di una vittoria di Donald Trump. Il candidato repubblicano sta velocemente recuperando terreno nei sondaggi e addirittura, secondo uno di questi, realizzato da Abc News-Washington Post, avrebbe scavalcato la democratica Hillary Clinton, finora favorita nella corsa alla Casa Bianca, ma alle prese con nuove rivelazioni dell’Fbi sullo scandalo e-mail.
Nella generale fuga dal rischio, che sta penalizzando borse e petrolio, l’oro è tornato ad essere apprezzato come bene rifugio, a maggior ragione con il dollaro che invece è scivolato. Ieri il metallo ha guadagnato oltre l’1% spingendosi fino a 1.307,76 $/oncia sul mercato spot londinese, livello che non raggiungeva dal 4 ottobre.
La decisione della Federal Reserve di lasciare i tassi di interesse invariati non ha avuto impatti. Nessuno d’altra parte si aspettava sorprese, con le elezioni alle porte. L’oro non si è però lasciato smuovere neppure dall’attesa di una stretta monetaria in dicembre, che secondo gli analisti è stata rafforzata dal comunicato della Fed.
Anche gli Etf sull’oro sono di nuovo nel radar degli investitori. L’Spdr Gold Trust martedì ha registrato il primo flusso positivo da circa una settimana (+2,7 tonnellate). Il mese scorso il patrimonio del fondo era calato di 5 tonnellate.
Intanto, a conferma del fermento che circonda il mercato londinese dei metalli preziosi, anche il Cme Group è sceso in campo annunciando la quotazione dal 9 gennaio al Comex di nuovi contratti - il London Spot Gold Future e il London Spot Silver Future - riferiti allo spread tra le quotazioni a Londra e a New York.